martedì 26 marzo 2013

(1) GalleriaRoma Artecontemporanea Siracusa

(1) GalleriaRoma Artecontemporanea Siracusa   
galleriaRoma
artecontemporanea siracusa
 
Sabato 30 marzo alle ore 18,30 il semiologo prof. Salvo Sequenzia, presenta la collettiva d'arte I COLORI E LE FORME DELL'ARTE  settima edizione.
 


 
IN COLLOQUIO CON IL SACRO

 

Nota in margine alla esposizione collettiva “I colori e le forme del sacro”

 

 

 

Il percorso espositivo della collettiva “I colori e le forme del sacro”, ideato ed allestito con sobrietà ed eleganza da Corrado Brancato nella Galleria d’arte contemporanea “Roma” di Ortigia, accoglie le opere di un gruppo di artisti che hanno testimoniato il loro rapporto con la dimensione del “sacro” attraverso i linguaggi, le tecniche, i colori, le forme e i simboli propri della loro esperienza artistica e della loro formazione.

Le opere presenti in mostra sono legate da un fine comune che è quello di dare “riconoscibilità” ed evidenza al “sacro” attraverso l’espressione artistica,  nella ricerca di una intima sacralità intrinseca al gesto creativo: ricerca  che si realizza sia nel recupero di alcuni modelli ed “exempla” della tradizione cristiana, restituita nella “teatralità” figurale, nella evocazione di vicende, momenti, personaggi e simboli della grande “narrazione” vetero-testamentaria e neo-testamentaria; sia in una riflessione più intima e personale, sciolta da ogni suggestione religiosa e culturale, ed aperta ad accogliere la dimensione del “sacer” in tutta la sua tremenda portata, nel suo mistero e nel suo “scandalos”.

In effetti, l’idea fondativa della mostra risiede nella riflessione compiuta da Mircea Eliade su quell’«ispessimento ontologico»  che caratterizza le società “post-secolari” come la nostra: ovvero il  fatto che il sacro, nell’arte contemporanea, è divenuto spesso irriconoscibile, camuffandosi in forme, propositi e significati che sono, apparentemente, ‘profani’ o che si sciolgono in un indistinto, vacuo  e confuso panismo esoterico e soteriologico; esso non si riconosce più immediatamente e facilmente, perché non è più espresso attraverso il linguaggio religioso convenzionale. Se queste sono le premesse teoriche, le opere presenti in mostra ingrediscono verso una più ampia comprensione dei limiti, dei significati e delle “potenzialità”, in senso spinoziano, che la parola ‘sacro’ ancora conserva ai nostri giorni nell’ambito dell’esperienza estetica ed artistica.

Ogni artista ha realizzato la propria opera consapevole che essa, a prescindere dai riferimenti culturali e religiosi, dai modelli di riferimento e dalle qualità stilistiche e compositive che la caratterizzano, definisce già, con la sua mera “presenza”, uno spazio di riguardo, inviolabile, “sacro”, nell’accezione che rinvia direttamente all’etimologia della parola: circoscritto, ristretto, separato. La distanza che ogni opera “delimita” – quand’anche non abbia a che vedere con una dimensione trascendente, o comunque ‘superiore’ – può essere sia meramente spaziale e fisica, sia temporale, sia culturale. In ogni caso, tuttavia, tale distanza permane invariabilmente a segnare una straordinarietà, un’eccezionalità: l’”aura”, ovvero una dimensione emergente, umbratile, pervasiva,  non ordinaria né quotidiana, sottratta alla morsa del tempo cosale e mondano, precipitata e assorta nello “spectaculum”, vale a dire nella contemplazione  e nella esperienza percettiva di  “qui spectat”, colui che guarda e intuisce attraverso lo sguardo.

Tale dimensione non è, contrariamente alle apparenze, avulsa dalla vita; anzi, alla sua immanenza è quasi impossibile resistere, sia essa fondata sull’incanto e sulla fascinazione, sia sul timore e sull’inquieto avvertimento del mistero e dell’ignoto. Limite e “soglia”, confine e passaggio, lo spazio sacro si costituisce sempre come rapporto – ora esclusivo e privato, ora collettivo e condiviso – tra mondi diversi; e come invito, per chi guardi, a lasciarsi trasportare, ad affidarsi all’opera e a sperimentare, così, una sorta di “straniamento” contemplativo o di empatica immedesimazione.

In tal senso, l’approccio al “sacro” che questa esposizione rivela è anche un “colloquio”.

Infatti, ciascun artista ha voluto significare – anzi, ribadire – nel proprio lavoro, che  l’essere dell’uomo è radicato essenzialmente nel linguaggio, cioè nella sua capacità di aprirsi all’Altro, nell’attitudine a poter dare  e  ricevere incondizionatamente,  nella disposizione ad accogliere l’Alterità e ad esserne “invaso”, penetrato, fecondato. Ciò si dà, nel modo più intimo e assoluto, entro la dimensione del “colloquio”, in quel silenzioso scambio che avviene attraverso le parole. Il parlare, il linguaggio, rendono possibile l’incontro. E l’arte propizia e sperimenta, nel tempo umano che ci è dato vivere, la forma più  assoluta e perfetta di “colloquio”. In questo suo carattere precipuo di apertura alla dimensione dell’Alterità, nel suo incamminarsi dentro l’oscurità del bosco e smarrirsi in essa, sino all’avvertimento e alla comprensione della luce della “radura”,  l’arte sperimenta il sacro, e ne diviene “ermenuta” e custode.     

Pluricità e diversità di linguaggi, di tecniche compositive, di modulazioni cromatiche e di declinazioni iconiche caratterizzano la mostra, in cui spiccano, accanto ad alcune riconoscibili “voci” del parterre artistico siracusano che si sono cimentate col tema, anche talenti inediti emergenti.

Pregevole la qualità degli esiti artistici, sia dal punto di vista della “rivisitazione” dei “topoi” e dei temi afferenti alla cultura religiosa, sia dal punto di vista formale e stilistico.

Al di là dei valori formali ed estetici, la mostra “Colori e forme del sacro” ha voluto rappresentare, per tutti noi, uno spazio di interrogazione e di indagine che scompagina posizioni semplicistiche e, spesso, opportunistiche distinzioni tra fede e scienza, tra credenti e non credenti: spazio fecondo ed aurorale di domanda, di fervida attesa, di incontro e di colloquio.

Alla deriva inarrestabile del “genocidio” culturale dell’Occidente, europeo ed italiano in particolare, è compito e missione della “communitas degli artisti proclamare la verità e il mistero della bellezza, la sua “sacralità, nell’età del disincanto.

E questa mostra, realizzata con amorevole cura in una  galleria d’arte ormai storica nella piccola isola di Ortigia, non è venuta meno a tale compito, a questa missione.

 

 Salvo Sequenzia

lunedì 5 novembre 2012

Galleria Roma Siracusa

 
galleriaRoma 
piazza San Giuseppe 1/2/3
Siracusa

 
Giovedì 8 novembre alle ore 18,30 presso la Galleria Roma, in Piazza San Giuseppe, Siracusa, Corrado Di Pietro, scrittore e saggista, presenterà l’ultimo libro di poesie di Mons. Giuseppe Greco. Ho bevuto al tuo calice. Editore Morrone. 2010. Lalla Bruschi leggerà alcune poesie del poeta.

 Scrive Corrado Di Pietro:
«Sacerdote, parroco, assistente diocesano, vicario arcivescovile, canonico metropolitano di Siracusa, direttore della Biblioteca Alagoniana ma anche uomo di lettere, umanista, saggista, poeta, presenza fra le più illustri e stimate della nostra città, mons. Greco appartiene a quella schiera di saggi a cui si guarda sempre con ammirazione, con attenzione e con riverenza. Da lui ci attendiamo la parola che ci illumini, che ci conforti, perché riconosciamo nel suo sacerdozio la coerenza profonda e perfetta fra l’uomo e la sua vocazione.
… La sincerità del dettato religioso, il profondo sentimento di fede, la partecipata condivisione del peccato dell’uomo, la speranza d’una salvezza nel seno di Dio, si sposano magnificamente con la semplicità della lingua poetica, in quest’opera di mons. Greco. Sono composizioni di ampio respiro, dove l’indagine spirituale s’incammina verso mete di forte misticismo, sempre ancorata al cuore del sacerdozio che è l’eucaristia. I versi sciolti, spezzati spesso da esigenze interiori più che da necessità metriche, hanno l’afflato dei salmi e il passo mistico dei profeti. Sicuramente è uno degli esiti più interessanti della poesia religiosa del nostro tempo.»  
Galleria Roma Siracusa

mercoledì 12 settembre 2012

Galleria Roma Siracusa


Galleria Roma Siracusa


galleriaRoma 
piazza San Giuseppe 1/2/3
Siracusa
 

LETTERATURA E CUCINA
a cura di Simona Lo Iacono

 

La Sicilia e la grande guerra. Il mondo che cambia. Un uomo che – sotto le coltri del fuoco – tiene il suo diario.

Lo stesso diario che – a più di sessant’anni di distanza – la figlia dà alle stampe, rendendo pace ai morti, lasciando che gli occhi disincantati di noi uomini d’oggi assaporino l’aspra bellezza di un tempo sanguinoso, ma ancora tenace nei suoi valori.

Grazia Maria Schirinà, poetessa e letterata, pubblica i testi del padre Giuseppe conciliando amore e memoria, testimonianza e voce.

Ci riconsegna un passato ferito, in cui la giovinezza sopravvive sotto le macerie e grida disperatamente tutta la sua ostinata voglia di stare al mondo.

Ci riconsegna le campagne devastate ma anche i sorrisi, i treni che saltano gli orari, le preghiere sotto i bombardamenti, le nascite di neonati che reclamano vita a dispetto della morte.

E ci riconsegna gli odori. La semplicità dei gusti genuini. Le pere, il pane comprato alla borsa nera, le boscaglie di Bronte dove prolifera il pistacchio.

 Vorrei quindi invitarvi a questo primo incontro di un autunno tutto letterario, mescolando cibo e scrittura, parole e sapori.

***

Sabato 15 settembre  alle ore 18,30  presso la galleria Roma,  avrò   il piacere di presentare il libro di Grazia Maria Schirinà accompagnata da uno chef che allestirà per noi  gusti antichi, mentre le canzoni del tempo sottolineeranno la narrazione, riportandoci a quell’epoca colma di strazio e – tuttavia - di candore.

Vi aspetto, dunque cari amici! Per mescolare insieme a me LETTERATURA E CUCINA
 

Sarà presente l'autrice

 

SIMONA  LO IACONO

sabato 8 settembre 2012

Chiavi di lettura


galleriaRoma
 artecontemporanea siracusa
 Mostra collettiva d'Arte contemporanea
"CHIAVI DI LETTURA"

 Sabato 8 settembre, nei locali di Galleria Roma in piazza San Giuseppe 2, alle ore 18,30 il prof. Luigi Amato presenta la collettiva "CHIAVI DI LETTURA".

 ARTISTI PARTECIPANTI: Salvatore Accolla, Cristien Alferink, Luigi Bengala, Gianfranco Bevilacqua, Corrado Brancato, Gaspare Calì, , Fiorella Cascieri, Giulia Cappuccio, Margherita Davì, Giuseppe De Luca, Gino Di Frenna, Angela Floriddia, Francesco Floriddia, Stefania Floriddia, Marina Giuffrida, Elia Guardo, Salvatore Li Puma, Amedeo Nicotra, Valentina Nicotra, Tomie Nomiya, Luciano Paone, Gina Pardo, Palmira Pugliara.

lunedì 23 luglio 2012

Leni Smoragdova

Leni Smoragdova

Galleria Roma Siracusa

Galleria Roma Siracusa

galleriaRoma


piazza San Giuseppe 2

Siracusa



IL CINEMA DEI VAMPIRI

a cura di Francesco D'Isa

Giovedì 26 luglio alle ore 18,30



Protagonista dell’omonimo romanzo epistolare scritto dall’irlandese Bram Stoker nel 1897 (trasformato in una pièce teatrale dallo stesso Stoker nel 1898 e poi, con maggiore successo, da Hamilton Deane e John Balderston nel 1925), il conte Dracula è il vampiro per eccellenza, il “non-morto” (nosferatu), che per sopravvivere si nutre del sangue dei viventi. Il tema del vampirismo è rintracciabile in quasi tutte le culture del mondo, ma in quella europea dell’Ottocento sfiora l’ossessione. Oltre a Dracula di Stoker, ci sono infatti almeno altri due testi fondamentali su questo tema: Vampyr di John Polidori, che costituisce il primo grande modello letterario del nobile misterioso assetato di sangue, e Carmilla di Joseph Sheridan Le Fanu, che fissa il prototipo del vampiro-donna. Dracula, che non a caso arriva alla fine del secolo, ha il merito di approfondire e sintetizzare a livello popolare i sottintesi ideologici del vampirismo ottocentesco, che – grazie al cinema – avranno un grande seguito anche nel Novecento.



Alcune tipologie del cinema sui vampiri distinguono: i film dei vampiri tradizionali, quelli in cui i vampiri si presentano come una razza alternativa a quella umana, i film sui vampiri a sfondo psicotico, quelli in cui i vampiri vengono creati dagli uomini, fino agli ibridi horror-fantascientifici. Per quanto riguarda più specificatamente Dracula, la prima delle undici versioni cinematografiche del romanzo di Stoker è un adattamento pirata: costretto – per problemi di diritti di autore – a cambiare nome al personaggio, infatti, nel 1922 Murnau intitola il suo capolavoro Nosferatu, recuperando un vocabolo in uso nel folclore transilvano. Dracula, quindi, debutta sullo schermo come tale solo nel 1931, nell’omonimo film di Tod Browning, prodotto dalla Universal e interpretato da Bela Lugosi: mondano, elegante, seducente, più vicino al modello di Stoker di quanto non fosse lo spaventevole protagonista di Murnau. Dopo una serie di incontri spuri e poco significativi con altri mostri in auge all’epoca, Dracula torna alla sua primigenia dignità con Terence Fisher che – a cominciare dal 1958 – realizza per la britannica Hammer tre film sulla figura del vampiro, presentando, nel primo e nel terzo, Christopher Lee: a colori, con abbondanza di effetti speciali e una colonna sonora inquietante, i film della Hammer (sedici in totale) hanno un’impronta decisamente horror, sconosciuta alla produzione Universal. Una delle introduzioni fondamentali del personaggio, inaugurato da Fisher e da Lee, è l’introduzione dei celebri canini affilati, da allora in poi fisionomia consueta di qualsiasi vampiro che si rispetti. Lee interpreterà il ruolo del vampiro in vari film e in vari anni, fino alla metà degli anni Settanta (tra cui il documentario In Search of Dracula del 1975, di Calvin Floyd, di cui è il narratore e l’incarnazione del presunto reale Dracula, Vlad Tepes). Presenti in tutte le cinematografie mondiali, Dracula e il vampirismo occupano un posto di grande rilievo in quella messicana e neanche quella italiana, poco propensa per tradizione ad evadere troppo dalla realtà, è immune dal vampirismo (nello stesso 1957, il messicano Fernando Méndez, inaugurando la saga del vampiresco conte Lavud, e l’italiano Riccardo Freda battono in velocità coi propri film la Hammer e Fisher). Tra le parodie, la migliore è senza dubbio quelle di Roman Polanski del 1967. Dopo il boom, quantitativo più che qualitativo, dei primissimi anni Settanta, anche gli anni Ottanta hanno visto il vampirismo godere di una popolarità insolita, mentre gli anni Novanta sono stati segnati dallo storico film di Coppola, che ha generato una serie di sviluppi, fino ai giorni nostri, in cui l’avidità di sangue è diventata avidità di immagini, trasformando in vampiro chi fa il cinema e chi lo guarda.