lunedì 13 dicembre 2010

La corda spezzata dell'arrivo


Giovedì 16 dicembre alle ore 18,30, ultimo incontro del 2010 con i giovedì della galleria.
"LA CORDA SPEZZATA DELL’ARRIVO"
Prospettive e visioni del mondo liquido
a cura di Salvo Sequenzia
Mi piace chiudere il mio ciclo di incontri del “Giovedì” alla Galleria Roma di Ortigia raccontandovi che cosa vi è «di qua dal Faro», per usare, capovolgendola, una espressione che i Borbone adoperavano per indicare le terre di Sicilia e le sue genti, come se si trattasse di un mondo autre, di un confine totale. Vincenzo Consolo ha ripreso questa concezione e ha intitolato un suo libro Di qua dal faro, ponendosi dal punto di vista della Sicilia come «dalla parte degli infedeli», rovesciando la prospettiva e narrando l’isola partendo dal mare che la circonda.
In questo racconto voglio segnare le rotte di un viaggio che attraversa l’Isola passando attraverso il simbolico dell’immagine, del verso e della prosa; un percorso tra “isole” che disegna il volto del territorio entro cui si insinua, raffigurandolo come un “arcipelago” ricco e frastagliato, mutevole e meticcio, finis terrae ed Ultima Thule.
Attraverso Verga, Capuana, De Roberto, Pirandello, Rosso di San Secondo, Borgese, Quasimodo, Vittorini, Pizzuto, Brancati, D’Arrigo, fino a Bonaviri, Cattafi, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Bufalino e Consolo – classici italiani che sono insieme classici siciliani – si delinea la prospettiva di un “mondo liquido”, che diviene metafora, simbolo ed elemento costituivo di un universo che la letteratura rivela nella sua geografia mutevole, mitica eppure profondamente storica. La Sicilia, in questi autori, diviene nesos, “terra che galleggia”, e si pone in maniera netta al centro di un sistema di rapporti culturali, artistici e letterari in cui la sperimentazione dei codici espressivi e di genere, imponendosi molto oltre la «dimora isolana», va a collocarsi in una dimensione decisamente pelasgica. Un carattere non unitario, dunque, che in tale eterodossia racchiude la sua immensa forza creativa, una magma, un arcipelago di voci vivo e fecondo, “plurale” e “impuro”.
Di acqua si nutrono i miraggi che covano dentro la scrittura de Il sorriso dell’ignoto marinaio di Consolo, de-lirando in una scrittura che scardina i piani temporali facendosi documento storico, frammento di puro lirismo, invettiva.
Dall’acqua nasce Horcynus Orca di D’Arrigo, un'opera vasta e complessa, vero e proprio monstrum nel panorama letterario contemporaneo, che sembra sottrarsi ad ogni interpretazione unilaterale, ma nello stesso tempo, per un singolare paradosso, pare quasi orientare a una lettura in chiave prevalentemente simbolica. Si può infatti affermare che in tale prospettiva il tema fondamentale sia rappresentato dal viaggio in mare, lungo il filo di un nostos omerico, con la presenza apocalittica della fera sullo Stretto. Nulla più del mare di Messina è medi-terraneo, porthmos e poros al contempo, stretto braccio equoreo circondato da terre, passaggio, scorrimento, ma trattenuto, contenuto tra sponde terranee.
Il carattere simbolico e a tratti epico della scrittura di D’Arrigo risulta accentuato dalla singolare invenzione linguistica, impasto perfettamente coerente di elementi dialettali, arcaismi, neologismi e linguaggio colto, che custodisce gelosamente il segreto indecifrabile della propria origine.
La Lingua phari, col suo braccio ricurvo, è da un lato, nella sua forma concava, terra che si incunea nel mare dello Stretto come un corpo flessuoso ripiegato appena, creando con il proprio ventre l’insenatura del porto, spazio riparato da venti e correnti, mentre dall’altro offre la schiena al mare aperto dello Stretto, esponendosi al ritmico incontro delle correnti come al soffiare d ello scirocco. Qui vive la fera, l’Orca che nella scrittura di D’Arrigo si fa fiocina e uncino che cattura, immagine terrifica che insinua sinistri presagi là «dove mare è mare».
In questo «mare di sangue pestato», spazio privo di misura e refrattario a ogni nomos, deserto d’acque su cui non si riesce a tracciare confini, a ritagliare forme e figure, superficie liscia e uniforme, spazio del sempreoltre, dell’incessante attraversamento e perciò del più assoluto sradicamento, balugina la misteriosa creatura – fantasma, apparizione, frutto di diceria o di insania – del lungo racconto “darrighiano” La coda di pesce che inseguiva l’amore di Simona Lo Iacono e Massimo Maugeri. Libro “gemino”, scritto a quattro mani, colpisce per la sua singolarità nel panorama della letteratura siciliana ed italiana di questo primo decennio del nuovo millennio. Esso sembra chiudere un ciclo nella vicenda letteraria dei due autori, ed aprirne un altro, nella vicenda più ampia della nostra letteratura d’oggi. Il richiamo di questa opera è a riconsiderare il particolare sperimentalismo tra realismo storico e neobarocco, in cui miti, sentimenti, leggende, problematiche esistenziali (i temi dell’esclusione, della libertà, della giustizia), colti nella cornice di un microcosmo tra mare e terra, diventano oggetto di riflessione ampia sulla grande e piccola storia, risolti in una scrittura che conosce il dono della poesia e della verità.

Salvo Sequenzia

Organizzazione e Direzione: Corrado Brancato

Addetto Stampa: Amedeo Nicotra

Ingresso Libero


Info:
0931/746931
0931/66960 (orario apertura Galleria)
cell.338/3646560
corradobrancato@hotmail.com

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